Con l’avvicinamento fisico dei cantieri che sono ormai a Verona Est, la TAV nel passaggio a Vicenza sta creando un’atmosfera incandescente. C’è qualcosa di singolare, se non di inquietante, in questa “improvvisa” coscienza dell’imminenza dell’infrastruttura, il cui iter è iniziato esattamente 32 anni fa, alla fine del 1990, in termini amministrativi sei sindaci fa. Rispetto alla TAV Vicenza ha mostrato un atteggiamento schizofrenico e scostante: quando l’orientamento di RFI e della politica regionale (Galan) era quello di bypassare la città a sud senza prevedere fermate tra Verona e Padova, c’è stata una mobilitazione delle forze economiche intorno alla Camera di Commercio, per rivendicare l’indispensabilità della fermata vicentina. Quando questa è stata più o meno concessa sono iniziate le “progettazioni” locali di tunnel sotto la città lunghi dieci kilometri. Come sempre accade con gli opposti estremismi, poco ci si è curati del progetto reale che è venuto avanti dopo un lungo oblio dovuto alla scomparsa dei fondi e alla fragilità del gruppo di pressione pro TAV. Personalmente sono sempre stato convinto della tesi di Gianni De Michelis che in Europa ci fosse un abile e silente fronte di sabotatori interessati a realizzare prima i collegamenti del cosiddetto “corridoio carolingio” tra Parigi e Berlino che quello sotto le Alpi, fortemente concorrenziale. Cercasi bravo giornalista in grado di provare questa tesi.
Prima di entrare nel merito dell’attualità, il variegato fronte no TAV è profondamente convinto che questa infrastruttura non serve, costa troppo, è inutile, inquina; si sono lette delle lettere al quotidiano locale in cui si afferma che con il treno veloce “Vicenza perderà la sua tranquillità”. Manca solo la perdita dell’anima e abbiamo chiuso il cerchio. In realtà senza la TAV e senza accorgersene, i Vicentini sono già impoveriti. Ci sono due indicatori incontrovertibili: i valori immobiliari e le imprese innovative.
Dal punto di vista immobiliare le analisi confermano che prima della TAV, le città dell’asse Milano – Bologna (Piacenza Parma Reggio Emilia e Modena) presentavano dei valori immobiliari mediamente inferiori a quelli delle città poste sull’asse Milano Venezia (Brescia – Verona – Vicenza – Padova – Mestre). Dopo il funzionamento della TAV sulla tratta Milano Bologna il valore medio degli immobili ha cominciato a crescere, mentre quello della tratta Milano Venezia ha cominciato a contrarsi fino a che le città emiliane hanno scavalcato Brescia e le città venete. In questa classifica la città con la maglia nera, in fondo alla classifica, è proprio Vicenza, con soli 1.585 € al metro quadro come valore medio. Più basso persino di Reggio Emilia (1.822 €) che dieci anni fa era duecento euro sotto Vicenza.
Ma il secondo indicatore è ancora più significativo nel segnalare il danno implicito nell’assenza della TAV. Una ricercatrice del Politecnico di Milano, Valeria Fedeli, ha verificato in uno studio ESPON 2020, che la riduzione dei tempi di spostamento consente ai lavoratori della conoscenza e alle imprese innovative di Bologna, Modena o Reggio di recarsi a Milano anche in sola mezza giornata, per incontrare clienti e fornitori, rimanendo a vivere dove più alta è la qualità della vita. Lavoratori e imprese che, invece, silenziosamente da Vicenza e da Padova, per una quota si sono trasferiti a Milano per la convenienza localizzativa rispetto ai tempi di spostamento eccessivi. La presenza di infrastrutture veloci di connessione al mondo sono una condizione, non l’ostacolo, della competitività dei contesti locali.
Oggi gli investimenti e le opportunità imprenditoriali e di lavoro qualificato sono attratti da luoghi che sono ben collegati con il mondo e, guarda caso, sono i luoghi che crescono anche dal punto di vista demografico. Non vi è dubbio che i contesti locali come Vicenza devono anche mantenere un alto standard di qualità della vita. Hanno ragione i cittadini che esigono che la TAV non comprometta questo standard. E’ anche singolare che non ci si preoccupi di segnalare l’immane riduzione di inquinamento dell’aria implicato dallo spostamento del trasporto di molte merci dalla gomma al ferro. Il fatto che Milano, o Bologna, siano aree metropolitane dotate di una quota consistente di reti ferroviarie fa sì che la qualità dell’aria sia migliore, o meno peggiore, di quella di molte città venete.
Esiste uno strumento di imperiosa potenza a cui i cittadini possono ricorrere obbligando le istituzioni ad attenersi ad un modo di operare compatibile con lo standard di qualità della vita. I finanziamenti previsti per i piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR), compresi quelli relativi alle opere complementari, anche non ricomprese nelle rendicontazioni specifiche del cosiddetto Dispositivo PNRR, sono obbligati ad includere misure che concorrano alla transizione ecologica per il 37% delle risorse stanziate. In nessun caso questa condizionalità è derogabile; ovvero è vietato, in base al Regolamento UE 2021/241, violare il principio del Do Not Significant Harm (DNSH) ovvero arrecare un danno significativo all’ambiente. Dopo 32 anni è diritto di Vicenza di avere la TAV e condizionare la sua realizzazione ai parametri più avanzati della sostenibilità ambientale.