Sabato sera, ho fatto un tuffo nella cultura “veronese” con la rappresentazione “𝗜 𝗣𝗜𝗧𝗢𝗖𝗛𝗜” , dall’opera di Berto Barbarani , andata in scena allo spazio AB23, all’interno della rassegna 𝗧𝗘𝗔𝗧𝗥𝗢 𝗕𝗔𝗥𝗧𝗘𝗡𝗗𝗘𝗥, stagione 2022 2023, curata per il 𝐂𝐨𝐦𝐮𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐕𝐢𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚 da 𝐓𝐞𝐚𝐭𝐫𝐨 𝐒𝐜𝐢𝐞𝐧𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐨 e 𝐓𝐡𝐞𝐚𝐦𝐚 𝐓𝐞𝐚𝐭𝐫𝐨.
Sul palco si sono esibite Jana Balkan e Isabella Caserta, accompagnate dalle musiche dal vivo e canzoni di Valerio Mauro. Potrei soffermarmi sullo spazio AB23, che resta davvero senza tempo, o sulla mostra di quadri di Mario Albanese “𝗣𝗮𝘀𝗼𝗹𝗶𝗻𝗶. 𝗡𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗻𝗴𝗼𝗹𝗼 𝗽𝗶ù 𝗯𝘂𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗼𝗿𝘁𝗼” allestita dal 02 al 18 dicembre e che si può ammirare mentre si aspetta che lo spettacolo inizi. Potrei soffermarmi sulla “mostruosa” bravura tecnica delle due attrici, ma sarebbe davvero molto riduttivo, come sarebbe riduttivo parlare di quel feeling che attrici con una vera familiarità riescono a creare sul palco. Quando la recitazione ci tocca nei sentimenti, quando le parole di un attore richiamano ricordi impolverati nella nostra memoria pulendoli e facendoli rivivere è davvero impossibile sentirsi distaccati nel valutare quanto si è vissuto.
Potrei dilungarmi sulla bravura di un musico che suona come stesse recitando e recita come stesse suonando, dando una profondità ai suoi intermezzi che invece di staccare fra una scena e l’altra ti immergono ancora di più nell’atmosfera: canzoni che sembrano “buttate” sul piatto come un piatto di baccalà con la polenta e che ne hanno lo stesso sapore e ne danno lo stesso piacere. Suonare con maestria vera, uno strumento che sembra appena staccato dal muro di un’osteria, dando l’impressione che sia stia suonando per il piacere di farlo: se testo e recitazione ci hanno portato nelle cucine e nelle cantine, la musica ci trasporta nella vita della comunità, nelle piazze, nelle feste e nelle serate d’osteria. Potrei anche fare un esercizio di stile linguistico citando tutte le volte che la “ci” è stata pronunciata in veronese o in vicentino (pochissime queste ultime a dire il vero), ma gratificherei solo quella mia parte vicentina che si ribellava all’idea di assistere ad uno spettacolo “veronese”(prima che veneto resterò sempre vicentino). Ma sarebbe tutto riduttivo perché sabato sera sono stato catapultato nei racconti dei miei nonni. Badate bene, non mi sono ritrovato nel ‘44 al tempo de guera, ma proprio negli anni ‘80, quando la nonna raccontava in cucina del tempo de guera.
Avrebbe senso che cercassi di spiegare il sentimento che più volte ha rasentato la commozione? Le risate del mio io bambino nei racconti dei nonni? No, non avrebbe molto senso. Posso dire che negli occhi degli altri spettatori ho visto la stessa felicità e la stessa malinconia che ha rapito me. La malinconia per quei momenti in cui i nostri vecchi si raccontavano, momenti carichi di affetto e privi di quella paura che portava chi li aveva vissuti, dove le risate per le situazioni particolari raccontate, si mischiavano al piacere di ascoltarle in una lingua che senti appartenerti ancestralmente.
ps: una citazione assolutamente meritata al momento aperitivo offerto che segue lo spettacolo… avete capito o no che vi siete persi qualcosa a non venire?