Al Palladio Musem: ACQUA, TERRA, FUOCO – Architettura industriale nel Veneto del Rinascimento.

Chi è un appassionato di architettura, scienze economiche, antropologia o è curioso dei temi aperti alla comprensione dei fenomeni sociali e produttivi, si troverà immerso nel proprio ambiente. La nuova mostra al CISA- Palladio Museum si colloca come una conseguenza de “La Fabbrica del Rinascimento” allestita alla Basilica Palladiana, cesellando con maggiore efficacia gli ambiti specifici della cosiddetta “proto- industria”, un vero e proprio assaggio di industria e organizzazione moderna, che è comunque manifestazione di una fiorente vivacità economica.
Le province dello Stato da Tera della Repubblica di Venezia, hanno anticipato, a partire dal XV secolo, quel fenomeno dell’industria familiare che sarà prerogativa del dibattito della fine del XX secolo.

Nella visita a questa passeggiata didattica e allestita con metallico rigore architettonico dall’architetto e regista teatrale Andrea Bernard, ci si avvicina a continui focus tematici su Vicenza, Verona, Treviso e Padova fino ai territori alpini, geolocalizzando i luoghi della produzione, il potere del patrimonio idrico (fiumi, canali o risorgive) e l’intraprendenza sia della nuova classe borghese, sia per le realtà produttive dei nobili “capitalisti”, dove le filande corrispondevano alle barchesse. Merci e materie prime, insediamenti industriali e processi di lavorazione, parlano a quel tempo di “fabbriche” e “macchine”, quali sinonimi di architetture e invenzioni. Quelle invenzioni che la Venezia del XV protegge con l’utilizzo del brevetto, al tempo chiamato “privilegio”, secondo criteri di “fattibilità e originalità”.
Parole chiave documentate che dichiarano di come l’organizzazione della fabbrica fosse già quella dei processi di lavorazione, dei rapporti diplomatici e dei decreti del Senato a sostegno di chi aveva idee e voglia di fare. Stupirà come, nel 1581, il capitano Dardi Bembo annotò che l’economia vicentina dipendeva più dall’industria che dall’agricoltura. O di come il Tretto di Schio, originariamente vocato all’estrazione dell’argento, si arricchirà con la vendita del “fioretto di Schio”, il caolino, da sempre nell’impasto delle maioliche o di altri prodotti cartacei. Certamente curiosa è la sopravvivenza di alcune “fabbriche” rinascimentali in funzione, che il regista Fausto Caliari ha documentato con nove filmati realizzati per l’esposizione.

Tra i documenti antichi, molti provenienti da musei e archivi veneti, troneggia la “Pianta angelica” originale, delizia di tutti gli studi che riguardano la forma urbis di Vicenza, e che promuoveva la città tra le “belle” italiane del suo tempo. Doveva apparire ai suoi contemporanei come innovativa, nella sua rappresentazione “a volo d’uccello”, quasi un’anticipazione delle possibilità dello sviluppo tecnologico, se pensiamo che mancava ormai poco al terremoto scientifico di Galileo e alla sua visione siderale. L’opera di Palladio e dei suoi prosecutori, la pittura dei Bassano o le ceramiche Antonibon, gli opifici sulla Brenta o sul Sile, sono alcuni dei “satelliti” tematici, di un “centro” di primario interesse di studio, che riguarda l’economia, la produzione e i rapporti di tipo commerciale. Il fare di un’epoca, in ogni suo ambito, è il pianeta attorno cui viaggiano temi a noi più seducenti, come le arti, la letteratura, il teatro e le biografie degli interpreti geniali dell’eterna fiction sul Rinascimento.
È in quei secoli centrali del millennio che l’economia e i mestieri delle comunità raggiunsero un livello di sofisticatezza e di specializzazione come mai prima, se pensiamo che la sola seta prevedeva 25-30 passaggi di lavorazione. Comunità il cui sviluppo è determinato anche dai fattori geopolitici, dalle guerre, dalla capacità della burocrazia e dei tribunali. Le terre dell’ex Repubblica Serenissima erano centro di produzione di materie prime e sede di opifici per il prodotto finito, con distretti produttivi specializzati per beni di consumo molto richiesti, a cui Venezia aggiungeva i beni di importazione per nave. Le materie prime, così come i prodotti, circolavano attraverso una rete di contatti internazionali, agenti e subagenti.

A guardarla con la narrazione degli anni ’90-2000 verrebbe da dire che nulla è cambiato, in fondo, tra il paesaggio padano e pedemontano tra il XV e il XVII secolo e oggi. Soprattutto se consideriamo Vicenza per il lusso, Brescia per le armi e Belluno per il legno. Come nel nostro Ottocento importammo le tecnologie dal nord Europa, così nel Cinquecento acquistammo macchine o risultammo attraenti alla forza lavoro dalla Germania per le miniere del Cadore. Per una giustizia della Storia, va rammentato che il “telaio Jacquard”, vanto e simbolo dell’industrializzazione europea, fu solo un perfezionamento dell’invenzione di Jean Le Calabrais nel XV secolo, vittima di un eccessivo anticipo sui tempi. Un esempio che da solo ci introduce ai meccanismi dello sviluppo, dove un’epoca può affermarsi con lo studio del passato, ivi incluse le invenzioni. Palladio, partì proprio dalla riscoperta dell’antico e dei suoi meccanismi. La percezione è che la seconda tra le due epoche di sviluppo industriale, quella del Novecento, abbia perduto la consapevolezza dei risultati culturali raggiunti in precedenza. Rimangono i due miracoli economici: nel Cinquecento, secolo di conflitti e strano alambicco tra i poteri europei d’istanza in Italia e l’ultimo trentennio, quello della “capannonizzazione” del Lombardo Veneto e del deficit ambientale. Due epoche e due percezioni diametralmente opposte: prima la capacità locale che conquistava i mercati, oggi il “global” che tende ad impoverire il talento per il fare, a favore delle questioni finanziarie e organizzative.

Il decennale del Palladio Museum si celebra ripartendo dal “moraro” messo a dimora nel suo cortile nobile. Gelso che è un albero educato nei secoli dalla convivenza con il lavoro, le cui foglie alimentavano i bacchi da seta e i cui rami andavano maritati alle viti. Deborah Howard, del St. John’s College di Cambridge ha curato una mostra che meriterebbe una sua stabilità, al CISA come in uno spazio espositivo a Schio o a Valdagno, perché sia materiale educativo per porre un freno alla mediocrità culturale della classe dirigente del futuro. Lo straordinario sviluppo industriale del nostro Rinascimento, che almeno tre secoli dopo cercherà una sorta di revival nell’Umanesimo industriale dei Rossi o dei Marzotto, coglie facili paragoni con le vicende che tanto hanno interessato le tematiche industriali e politiche del Nord Est, a partire dalla fine del secolo scorso. I materiali allestiti nell’aulico recinto palladiano di Palazzo Barbaran Da Porto potranno certamente stimolare l’interesse per l’eterno interrogativo del “da dove veniamo”, nella speranza che la visita acceleri la presa di coscienza sui limiti culturali del nostro tempo, che Moore definisce “Capitalocene”. Quantomeno, risulterà onesto interrogarsi sulle ragioni per cui siamo manchevoli, qui ed ora, nell’individuare o valorizzare interpreti pioneristici, visionari e culturalmente sensibili, capaci di rinnovare quel passato che tanto ci entusiasma.

Palladio Museum
Vicenza, Contrà Porti 11

orari
dal mercoledì alla domenica, 10:00-18:00 (ultimo ingresso 17:30)
martedì su prenotazione, gruppi min. 10 persone
chiusura straordinaria: 25 dicembre
informazioni
www.palladiomuseum.org/rinascimento
mail: accoglienza@palladiomuseum.org
tel: +39 0444 323014
social
Facebook: @palladiomuseum
Instagram: @palladiomuseum
Twitter: @palladiomuseum
biglietti
intero € 8,00
ridotto € 6,00
(gruppi di almeno 15 adulti, soci FAI, soci Touring Club, over 60, studenti under
25)
scuole € 2,00
(scuole, soci Touring Club Junior)
gratuito
(bambini fino a 6 anni compiuti, giornalisti, 1 portatore di handicap + 1
accompagnatore, soci ICOM, 1 insegnante accompagnatore per classe, militari)
Palladio family € 12,00
(da 1 a 4 bambini/ragazzi under 18 con due adulti)
Visite guidate € 80,00
(gruppo da 25 persone)
Le tariffe ridotte o gratuite sono applicabili presentando un documento, tessera o
badge valido e non scaduto che ne attesti il diritto.
Il museo è interamente accessibile alle persone con disabilità motorie.

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