A poco più di un mese dalle elezioni, stiamo assistendo alla prima campagna elettorale estiva… e si vede…
A partire dal segretario del PD sembra che pochi si siano accorti che non siamo più nel sistema elettorale del maggioritario, ma siamo nel proporzionale.
Quel dedalo di regole che risponde al nome di Rosatellum, non è solo un rompicapo per amanti della settimana enigmistica, ma è anche una legge elettorale. Ed è una legge elettorale che dopo un ventennio o poco più, assegna il 63% dei voti col sistema proporzionale (compreso il 2% degli italiani all’estero), ed il 37% con il sistema maggioritario.
In Italia il sistema maggioritario semplicemente non ha mai funzionato, non siamo un paese che si può ridurre a destra e sinistra, abbiamo una storia politica di 2000 anni, mica siamo gli americani. Ma tornare al proporzionale era difficilissimo soprattutto perché certa propaganda lo bollava come il sistema della prima repubblica: “non vorrete mica tornare ai tempi di Craxi, Andreotti, Berlinguer?” dicevano. Dopo vent’anni di seconda repubblica, stiamo tornando ad un sistema elettorale dove i politici non possono limitarsi a dire che gli altri sono fascisti o comunisti, siamo tornati in un mondo dove la politica e le idee contano. Non è ancora proporzionale puro ma già possiamo votare turandoci meno il naso.

Certo, all’inizio i capi partito erano concentrati sulle soglie di sbarramento che avrebbero dovuto bandire certi partitini minuscoli dalla scena politica… ma adesso stiamo cominciando la partita, e sembra che non abbiano proprio capito che son cambiate le regole.
Il sistema maggioritario è come il normale gioco del calcio: ci sono due porte e due squadre che giocano davvero, il resto è solo contorno. Nel sistema maggioritario tutto viene racchiuso e proposto, a livello di propaganda, nella forma del “noi contro di loro”.
Il sistema Proporzionale invece è un campo da calcio dove ci sono un numero di porte non definito, un numero di squadre variabile con un numero di giocatori variabile che aumenta o diminuisce a seconda se si fa gol in una porta o in un’altra e alla fine della partita non vince chi ha segnato di più, ma chi è riuscito a far piacere di più i suoi gol al pubblico…

È paradossale, ma proprio il segretario del Partito Democratico, quello che si è dimesso dalla direzione di un istituto di scienze politiche a Parigi per salvare il PD ha cominciato la campagna elettorale sull’idea “uniti si batte la destra”. Magari a Parigi non gli avevano detto che qua erano cambiate le regole.
Bisogna dire che neanche a destra si sono accorti che è cambiato il vento. A destra sono subito corsi a fare una coalizione super compatta senza rendersi conto che nel maggioritario sono le differenze che si notano, non le similitudini. Quanti leghisti non andranno a votare la coalizione perché da veri autonomisti non ne vorranno sapere della patriottica nazionalista che quasi certamente vincerà le elezioni? Se avessero capito che sono nel proporzionale Lega, Fi e FdI sarebbero andati alle elezioni separatamente dicendo che dopo avrebbero trovato l’accordo e paradossalmente avrebbero preso molto di più di quello che prenderanno con molti meno problemi nel decidere le candidature.
Solo Renzi/Calenda e la loro nemesi Conte hanno capito che andare per la propria strada forse era meglio. Non si va più a votare il meno peggio, si va a votare quello in cui ci si riconosce di più. Sempre ci sia, chiaro.