Prova ad immaginare il canile municipale di Vicenza, alla Gogna, zona periferica della città. E’ notte, estate. Una notte di agosto, quasi perfetta. Stelle dappertutto, un canile municipale, grande, pieno di cani dentro alle loro gabbie da cani. Soli come cani, dormono un beato sonno da cani. Avanti la città, dietro prati e campi, attorno case ancora da costruire e case ipotetiche, che verranno costruite. In futuro, forse. Per adesso no, c’è solo il canile e una silenziosa e sverginata notte di Agosto. Poi c’è una macchina che arriva, una macchina vecchia, una macchina molto vecchia, una Renault. Una macchina che però non ha l’età del libretto di circolazione, una macchina giovane. Dentro due ragazzi, un ragazzo e una ragazza che ridono come scemi, forse sono ubriachi, magari hanno fumato o preso qualcosa. O magari no, sono così, pazzi, innamorati. Chiamali come vuoi, non importa. A nessuno. Meno che meno importa a loro. Ridono come pazzi. Si baciano. Il ragazzo guida con il ginocchio sotto al volante. Con le mani abbraccia, avvolge, spoglia la ragazza. La ragazza fa lo stesso, gli sfila la maglietta mentre lui guida. Che pazzi, che grandioso profumo di libertà, di pazzia. Si fermano, continuano a baciarsi. Proprio di fronte al canile. La musica è alta. Esce dalla radio, una musica malinconica, ma piena. Piena di rabbia, piena di gioia. I cani la sentono. Prima uno, poi un altro, poi un altro ancora. Si svegliano tutti e cominciano ad abbaiare. I ragazzi ridono e fanno l’amore, dentro alla macchina, con i cani che abbaiano fuori, con tutto il canile sveglio. Cani che gemono, ululano, latrano, piangono, abbaiano. Musica che esce dalla macchina e loro che fanno l’amore. Poi restano abbracciati, in macchina, per un po’, i cani continuano ad abbaiare. Loro si spostano, verso il fondo, verso i prati. Vogliono vedere le stelle. Si sente ancora l’abbaiare fioco dei cani, sempre più lontano. Il prato profuma di erba cipollina. Si stendono sotto al cielo stellato e cominciano a contare le stelle. Poi danno un nome ad ogni stella. Nomi strani, nomi che fanno ridere, nomi delicati, nomi perversi. Ogni stella un nome. Ogni nome una stella. Poi dicono ti amo, ti amo come un cane, un canarino, una stella, una sedia di paglia. E ridono. Poi nel silenzio, nella notte stellata, con i cani in lontananza e la brezza estiva notturna, lei sopra lui, con un filo d’erba tra le labbra, dice : “Sto bene, qui nessuno può toccarmi, tutto questo è nostro, ti rendi conto”. Lui la guarda, ma solo per un attimo, la sua mano tra i capelli biondi di lei ” Ti amo, ti mangerei tutta”. Lei diventa improvvisamente un pezzo di ghiaccio, gelida, ma con gli occhi rossi di odio. Prende una pietra li accanto, la prende a mani unite e comincia a colpirlo in testa, uno , due, tre volte, con un ritmo sempre più intenso. Il cranio di lui si apre come un’astronave aliena, sangue e cervello escono a incontrare la notte e le stelle, giudici apatici.
Le avventure di “Mutanda Verde”
Non pensate a me come a un supereroe in costume. Sono praticamente invulnerable, ho la forza di 10mila uomini, so