“Antò, fa caldo!”
Ve la ricordate la famosa pubblicità che alcuni anni fa una nota marca di the faceva con protagonista la bellissima e giovanissima Luisa Ranieri? Quest’anno è diventato un mantra. Il tormentone estivo.
Però, uffa che cappa! Il “dai che passerà” è una frase consolatoria vuota da ogni razionale speranza.
Per trenta anni si è parlato di “cambiamenti climatici”.
Le troppo spesso catastrofiche e spesso isteriche previsioni macchiate da ideologismi ne taravano l’efficacia, mentre si alzavano le spallucce di scienziati poco sensibili o troppo coinvolti da certe multinazionali del petrolio, del carbone e del metano. Nel continuo sterile dibattito contrapposto di questi due schieramenti, i media hanno riportato acriticamente ora l’una, ora l’altra delle tesi portandoci a tremare e a sperare in un continuo frullio di informazioni episodiche. Chi invece continuava a dire che un problema grave c’era e che bisognava già trent’anni fa già impostare un sistema di vita e di sviluppo più attento e rispettoso è rimasto inascoltato, sopraffatto dalle voci alte dei “contro tutto, no a prescindere” e dei “smettiamola, la terra è grande e può sopportare ogni cosa”.
Ora bisogna correre ai ripari, abbiamo perso trent’anni e qualsiasi cosa si farà subito, avrà comunque bisogno di anni (o decenni) per mostrare l’efficacia.
Intanto fa caldo (troppo), i ghiacci si ritirano (velocemente), l’acqua potabile diminuisce (e si perde tra le tubature obsolete), quella per l’irrigazione periodicamente è insufficiente (o salata), al contrario l’acqua del mare cresce (e minaccia le città di mare).
Arriveranno i temporali di agosto a “rompere” la stagione? Arriveranno. Puntuali forse, ma sicuramente carichi di tanta energia acquisita soprattutto dal mare troppo caldo, che li faranno qualche volta degenerare in tempeste tropicali. Danni in arrivo, certissimi ma purtroppo non prevedibili. Quando, dove e come arriveranno lo si potrà conoscere con poche ore di anticipo (forse) e contro queste trombe d’aria non ci sono difese attive a disposizione. Anche se in ritardo, anzi ritardissimo, dobbiamo dunque agire, subito, decisamente, contemporaneamente su più fronti.
Un intervento necessario e non procrastinabile riguarda la piantumazione di nuovi alberi.
Un albero che può crescere in modo naturale ha un potenziale di assorbimento mediamente compreso tra i 20 e i 50 kg di CO2 all’anno in un range temporale mediamente compreso tra i 20 e i 30 anni.
Ma gli alberi hanno anche altre importanti funzioni. Schermano zone dall’inquinamento atmosferico, fanno filtro dall’inquinamento acustico, contribuiscono a garantire una climatizzazione naturale dell’aria circostante. Banalmente poi, fanno ombra. Abbassano la temperatura dell’area circostante, inducono l’ecosistema a produrre micro zone di equilibrio. Gli scienziati del Crowther Lab del Politecnico di Zurigo hanno stabilito che il metodo più efficace per combattere i cambiamenti climatici è di ricoprire una superficie di circa 0,9 miliardi di ettari di alberi in varie parti del mondo. Corrisponde alla superficie di tutti gli Stati Uniti. In realtà ognuno deve fare la sua piccola o grande parte. E lo dobbiamo fare soprattutto nelle città.
In questo momento la città più verde d’Italia risulta Trento, seguita da Reggio Emilia e Mantova. Mentre gli ultimi tre gradini della graduatoria sono occupati da Brindisi, Catania e Palermo.
Se teniamo conto del rapporto Alberi piantati/abitante, abbiamo al primo posto Cuneo, con 190 alberi ogni 100 abitanti, che occupa la prima posizione della classifica del 2021 delle città d’Italia che piantano alberi. Al secondo posto si posiziona Modena con 115 alberi ogni 100 abitanti. Già nel 1994 l’organizzazione Mondiale della sanità avvertiva che ogni persona per vivere ha bisogno di 60 alberi con una chioma di 10 metri di diametro.
L’Italia, complessivamente è ricca di alberi.
Le Alpi da est ad Ovest e gli Appennini da Nord a Sud, sono ben ricoperti di foreste. In Italia ci sono circa 12 miliardi di alberi, quasi 200 per ogni italiano. Questo è il calcolo che fa il Corpo Forestale dello Stato fa con una margine di errore del 1%. Ma facendo un calcolo proporzionale tra la superficie del territorio italiano è quella dell’Unione Europea si stima che in Italia si dovrebbero piantare circa 227 milioni di alberi nei prossimi 8 anni. Si tratta di un numero enorme rispetto ai 6,6 milioni di alberi in cui il PNR R prevede la piantumazione nelle città metropolitane entro il 2024.
Appare dunque veramente ridicola la proposta di un noto politico italiano che si è tuffato in campagna elettorale promettendo la piantumazione di un milione di alberi all’anno (cioè un terzo di quanto già deciso dal Governo Draghi …!), come una spolveratina di ambientalismo che secondo il marketing ricorrente non guasta mai, ma che rende ragione della incapacità di alcuni politici, di capire la gravità della situazione climatica.