Pesaro sarà la capitale italiana della cultura nel 2024. L’ha deciso la commissione del ministero. La proclamazione è stata raggiunta all’unanimità ed era rimasta assolutamente segreta come sottolineato dal Ministro Franceschini. Il sogno vicentino termina quindi così. Non si può obbiettivamente dire che sia una notizia del tutto inaspettata. Le candidature erano molto forti e Vicenza non partiva per forza favorita. Molti davano Siracusa come vincente. Altri Ascoli. E invece ha vinto la città di Rossini, con un dossier dal titolo “La natura della cultura”. Tema che trova sviluppo in cinque sezioni: Natura mobile della cultura, Natura ubiqua della cultura, Natura imprevedibile della cultura, Natura operosa della cultura, Natura vivente della cultura. Un progetto che vuole “riconoscere la Natura come una comunità di soggetti con cui interagire, per rinnovare le politiche umane in termini di inclusività aperta a tutto il vivente, abbattendo le disparità sociali, economiche e di genere, le distanze fisiche e culturali”. L’audizione aveva mostrato Pesaro come una candidatura molto forte, calata sul rapporto tra arte, ambiente e tecnologia e con un bellissimo progetto dedicato alla musica. Inoltre i concetti di accoglienza e crescita dal basso erano espressi chiaramente. Non pareva essere una candidatura “di palazzo” e questo, quando si parla di cultura, fa sempre la differenza. Ciliegina sulla torta una lunga serie di endorsement da parte di moltissime personalità trasversali, da Liliana Segre a Valentino Rossi.
Non c’è una classifica finale delle dieci candidate, quindi ogni città può dirsi soddisfatta e reclamare per sé una piazza d’onore onestissima.
Quali sono stati (se ci sono stati) i limiti della candidatura di Vicenza? Abbiamo già espresso dubbi sulla concretezza pratica del progetto che, anche durante la recente presentazione alla commissione, è stata oggetto di qualche domanda anche da parte degli esaminatori. La scelta di legare la cultura al concetto di “invenzione” è stata un azzardo che ha spostato il focus sul mondo delle imprese e sulla relazione tra pubblico e privato. Relazione che, in città, è ancora tutta da costruire. Siamo sicuri poi sia corretto dire che la cultura è una bella invenzione? Cultura è natura, modo di essere, l’insieme delle conoscenze, l’essenza delle cose. Cultura è accoglienza (in senso lato), è sapere, è identità. Il termine, di origine latina, deriva dal verbo colere, che significa “coltivare”. Certo, indica anche qualsiasi manipolazione della natura ad opera dell’uomo. Ma rimane una forzatura quella parola “invenzione” che, di fatto, chiude la cultura in un recinto a sé stante, quasi estraendola dall’individuo e immettendola in un contesto dialettico di mercato.
Si era anche parlato di una forza della candidatura rappresentata dalla presenza di quasi tutti i comuni della provincia. Non era quindi solo la candidatura della città capoluogo, bensì di tutto il territorio. Peccato si sia visto poco quando il dossier è stato presentato. Anzi, si è scelto di essere più corporate possibile, e che fossero amministrazione ed imprenditori a parlare. Una cosa quasi calata dall’alto, come il drone che, nel video, mostrava una città deserta, senza “inventori”, senza calore umano. E mostrava solo la città, evitando qualsiasi allargamento alla provincia. A Chioggia, per fare un esempio, il giorno dell’audizione si sono presentati sia il Sindaco di Padova che quello di Venezia, per rappresentare una larga collaborazione.
Ovviamente vi sono anche enormi aspetti positivi. Soprattutto il fatto di aver messo in moto una discussione che senz’altro porterà ad una crescita di consapevolezza per quanto riguarda il rapporto tra città e cultura, tra comunità e vita intellettuale. Nessun de profundis quindi, tutt’altro. Era ora che Vicenza si ponesse come serio protagonista culturale del paese. Va dato atto all’amministrazione di averci provato e di aver avviato un processo che sicuramente aiuterà il territorio. Speriamo nasca un progetto reale di rete e che parta dal basso davvero. Complimenti al Sindaco Rucco per aver lavorato e creduto molto al progetto. Il lavoro fatto non deve andare perduto. Si è innestato un volano e una riflessione sul ruolo della città in chiave culturale che non si era mai fatto prima, e questo deve essere solo un punto di partenza.