L’Ensemble Musagète compie vent’anni. Sono stati due decenni di iniziative eccellenti e di grande musica. La peculiarità che fa dell’ensemble qualcosa di unico e lodevole nel panorama vicentino, è quella di unire divulgazione e performance. La scelta del repertorio è, infatti, sempre molto attenta alla scena contemporanea e ad autori poco conosciuti e meno presenti nei programmi concertistici.
In scaletta, negli incontri/concerto che si tengono con cadenza più o meno fissa a Palazzo Leone Montanari (la casa del Musagète) trovate Mozart accanto a Bruch, o Brahms accostato a Martinù. In oltre 20 anni di attività, l’Ensemble è stato dedicatario di lavori di Nicola Campogrande, Francesco Erle, Alessandro Solbiati, Fabio Vacchi, Orazio Sciortino, Pierangelo Valtinoni e di molti altri autori dei nostri giorni. Una ricerca continua di collaborazioni e riscoperte. Un concerto di questa piccola/grande orchestra da camera, è sempre un momento di didattica oltre che di piacere. Le musiche e gli autori vengono raccontati, il pubblico viene accompagnato e guidato all’ascolto. Il Musagète è quindi scuola e laboratorio, è riferimento per i contemporanei e per i grandi dimenticati del passato. Ma non si limita ovviamente a questo. Nelle produzioni realizzate troviamo classici come Debussy e i suoi meravigliosi notturni, o il secondo concerto per piano di Chopin, tutti presenti nel cd “Microcosmi” del 2019.

Lunedì 7 Febbraio è andata in scena una serata speciale al Comunale di Vicenza. In programma due autori poco noti: Ermanno Wolf-Ferrari e Giovanni Bonato.
Il primo, veneziano di nascita ma poi monacense di fatto, è noto per le sue molte opere e per una produzione strumentale volta alla cantabilità e alla leggiadria. Anche con questo autore, l’Ensemble decide per una partitura non tra le più celebrate: la Sinfonia da camera op.8, datata 1901. Un Wolf-Ferrari ancora poco conosciuto dal grande pubblico: un raffinato strumentatore capace di un dettato melodico chiaro, lontano dalle rivoluzioni del linguaggio musicale novecentesco.
Fulcro della serata è però l’omaggio a Mario Rigoni Stern con “Sentieri sotto la neve”, una suite di otto paesaggi sonori ispirati ad un suo racconto. Autore della suite il vicentino Giovanni Bonato. Gabriele Dal Santo, nel doppio ruolo di direttore e pianista, spiega l’origine della composizione: seguendo i vari nomi attribuiti dalla lingua cimbra alla neve – dalla prima dell’anno a quella rara dell’estate, passando per la neve di fine inverno e quella effimera di aprile – Bonato propone un’esperienza immersiva disegnando paesaggi sonori nei quali, mescolando il reale con l’immaginario, l’ascoltatore è invitato a sostare nel mezzo di un bosco o sulla vetta di una montagna.

Una musica descrittiva, che gioca moltissimo sui timbri. Una buona mezz’ora di colori e impressioni, di richiamo al canto degli uccelli e al calore freddo di un paesaggio innevato.
400 persone in sala grande per l’occasione e forse sarebbero state meglio al ridotto. Non solo per una mera questione numerica ma per l’annoso problema dell’acustica del teatro che, con composizioni così minimali e delicate, si fa ancor più notare. Un peccato.