Quinto Vicentino, Lanzè, Valproto e Villaggio Montegrappa. Tra ville e un paesaggio rurale salvaguardato splendidamente. Incontro con Daniel Tinto.

Vicenza è una città allargata, una periferia estesa, una provincia immensa e fortemente eterogenea che però ancora qualcuno si ostina a circoscrivere alla sola città capoluogo e, dentro la città, al solo centro storico. Un centro che, per altro, si sta spopolando e soffre patologicamente di carenze strutturali e recentemente pure dell’aggravarsi di un disagio sociale sempre più evidente. Ma Vicenza è molto altro. Nonostante i capannoni, i centri commerciali e i supermercati abbiano invaso ogni arteria che porta in città, rovinando paesaggi e cancellando antiche tradizioni, ci sono luoghi rimasti piccoli gioielli urbanistici e storici. Paesi con un bagaglio culturale antico di secoli e che magari nell’ombra mantengono un costante impegno per non cadere vittime di una modernità che troppo spesso non rispetta i valori del passato. Esempio fulgido è il territorio di Quinto Vicentino. Per parlarcene, incontriamo Daniel Tinto.

“Sono uno strano tipo di storico, lo ammetto. Ma la vita ti porta dove non avresti pensato”. Di formazione biologo sanitario, durante gli anni accademici, per arrotondare, si inserisce nei circuiti delle cooperative e finisce col lavorare come guida o guardia in Basilica, a Palazzo Chiericati, al Teatro Olimpico eccetera… La curiosità che da sempre è una sua caratteristica, trova, in quei luoghi, un terreno talmente fertile che Daniel inizia a studiare, approfondire, investigare.

“Il momento decisivo è stato mentre lavoravo come guida alla Rotonda. Mi arrivavano un sacco di domande dai turisti e così io iniziavo ad informarmi sempre di più e così facendo accumulavo spunti nuovi. Dopo poco mi sono trasferito a Quinto”. Eh già perché il bardo del paese non è uno del paese. Daniel è nativo di Polegge ed il suo innamoramento per Quinto Vicentino non è quindi legato a famiglia, sangue e un passato vissuto di persona, ma ad una scelta di vita, una passione viscerale, e forse per questo è ancora più genuino.

Affreschi del Demio

“Iniziai a lavorare alla “memoria del restauro” in cui ero guida e accompagnatore. In mezzo agli affreschi di Giovanni Demio a Villa Thiene, cominciai per gioco a buttar giù appunti e riflessioni e alla fine mi trovai tra le mani quello che poi divenne il mio primo libro: “ Quinto amore per te”. Sviluppai tematiche legate agli affreschi di Villa Thiene ma non solamente per quanto riguarda le scene principali ma anche per le decorazioni laterali”. Daniel, passando le giornate dentro alla villa a causa del suo lavoro, nelle lunghe ore quotidiane lascia che la sua immaginazione galoppi e si accorge di certe peculiarità che ai più sfuggivano. “Vedevo le figure maschili lungo una diagonale e le femminili in un’altra. Notavo i melograni, le conchiglie e altri piccolissimi particolari. E poi la storia.” La storia di cui parla Daniel è la storia dei Thiene e dei Lanzè. Questi ultimi possedevano un castello nel tardo medioevo che poi è andato perduto. Qualcuno dice che ora sia Villa Cà Prigioni. “Ci sono fondati motivi per crederlo- dice Daniel. Intanto, chiaramente, la toponomastica e poi la posizione. La Postumia è la principale via di comunicazione quindi il castello doveva essere in posizione strategica. Me ne accorsi mentre lavoravo ai castelli di Romeo e Giulietta a Montecchio. Sopra al castello di Romeo vedevo tutta la pianura e a un certo punto notai una figura caratteristica e grande sullo sfondo: era il mangimificio Veronesi, che è a S.Pietro in Gu. Pensando al fatto che i castelli di Romeo e Giulietta vedono quelli di Montebello e di Arzignano, ho capito che forse c’era un asse di comunicazione per “dialogare” tra di loro e così ho potuto posizionare idealmente il palazzo dei Lanzè, la loro fortezza di riferimento nel territorio”.

Il secondo libro di Daniel continua questo lavoro andando ad analizzare le parti di Quinto che solitamente passano in sordina. “Per il secondo libro mi son messo nella medesima condizione del primo. Un approccio storico che parte dal desiderio di avere delle risposte. Il territorio ed i monumenti che ci circondano hanno tutti una loro storia, dei loro motivi di essere. Anche i borghi, ad esempio. E quindi perché quella zona si chiama “contrà case Benetti”? Il nome ha origini cimbre. I cimbri non volevano scendere in pianura ma il nome “benedictus” (Benetti) mi fa pensare ai benedettini. Il nesso diventa più consistente quando penso che la chiesa di  S. Felice e Fortunato aveva diversi interessi e controlli dove c’era “casa Benetti”. Un utilizzo non solo agricolo visto che la presenza del fiume Tesina era fondamentale per i filatoi”.

Il fiume Tesina

Il modo di procedere di Daniel Tinto è encomiabile. Non lascia nulla al caso, e per amor di verità storica collega tutti i punti possibili sulla mappa del passato fino ad evidenziare il quadro d’assieme. Il suo è puro sentimento per quello che lui definisce “un gigantesco museo diffuso dove ogni luogo ha la sua storia da raccontare”.

C’è tanta povertà a livello di conoscenza, viviamo in mezzo a capolavori che diamo per scontati, a tradizioni che assimiliamo senza chiederci da dove vengano e che significato abbiano. Le guide classiche spesso si limitano a descrizioni didascaliche, che sono pur sempre necessarie e preziose ma il lavoro di persone come Daniel apre varchi fondamentali per la comprensione del territorio.

Villa Galvanin Rigon

“Ora ho terminato il terzo libro. L’ho concepito come una continuazione di quanto detto nel secondo. Parlo del fatto che molte famiglie nobili dovettero riconvertirsi nel tessile (seta o lana). Addirittura si pensava che a villa Thiene, nel cortile interno, dovevano essere coltivati dei gelsi per i bachi da seta. Villa Cordellina (cuore di lino) è il nome di una famiglia diventata nobile col commercio dei tessuti e al suo interno c’è stato l’istituto bacologico veneto. In questo terzo libro spiego che i Thiene erano i principali oligarchi di zona e si battevano per non fare entrare i commercianti nell’aristocrazia e questo comunque fu una loro sconfitta storica perché non solo i commercianti entrarono in aristocrazia ma loro stessi divennero poi commercianti. Gli affari sono affari!”

Villa Gorgo Benetti

Com’è oggi Quinto Vicentino? Rimane un comune molto piccolo, di appena 1500 abitanti. La presenza però di così tanti edifici storici ne fa un caso molto particolare. Oltre a Villa Thiene ci sono villa Tacchi, villa Benetti e villa Galvanin Rigon. “Quinto non è un posto migliore degli altri- continua Daniel. lo lo amo a livello paesagistico e per i meravigliosi affreschi di Demio. Ma quello che più mi smuove é che io sono a Quinto, luogo intriso di storia e sento una sorta di dovere nel promuovere il territorio. D’Averio diceva che l’Italia è un museo diffuso e non ti annoi mai e se studi la storia di un edificio entri dentro ad una storia lunghissima. Invece oggi si va verso una narrazione basata solo sui centri storici e si perde così l’identità culturale dei piccoli paesi che non solo erano importanti per la città ma erano la fonte stessa della vita cittadina. I Thiene senza Quinto non sarebbero stati i Thiene. La provincia dovrebbe muoversi come unico organismo. Ha senso come provincia e non sola come città. Io ho scritto i libri non tanto per tessere le lodi di Quinto (il prossimo forse lo scriverò su Creazzo) ma per dire: guardatevi intorno siamo dentro alla stessa immensa storia”.

Il parco di Villa Taccchi

Questo articolo è dedicato alla memoria dell’Ingegnere Angelo Auguto Cogato, nativo di Quinto Vicentino e responsabile del piano regolatore che ha permesso al paese di rimanere legato alla sua identità rurale senza sconvolgere il territorio come purtroppo spesso accade. Importante ingegnere in tutti i comuni del vicentino, tra gli autori del piano regolatore dei colli berici che li ha resi la perla che sono, progettista importante di lavori su larghissima scala. Mancato oggi, 11 Gennaio 2022 all’età di 91 anni. Riposi in pace.

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