La Rua secondo Davide Fiore. Il progetto, la visione, il film. Stendhal è vicentino.

Viva la Rua de casa Bissara, mezi la tira e mezi la para!.

Davide Fiore è una persona molto attenta alla bellezza. Quella dell’arte, dell’ambiente, dei gesti, delle tradizioni. Delegato FAI per ambiente e paesaggio, segue e coltiva mille interessi, dalla danza all’urbanistica, dall’architettura al patrimonio culturale. Ma il motivo per cui parliamo di lui oggi è un altro. Ed è prettamente vicentino nella sua essenza. La Rua per molti anni è stata solo un ricordo dei bisnonni, foto ingiallite nei libri di storia, un folklore rimosso dalla memoria popolare. Poi, una decina d’anni fa, qualcosa è cambiato e la tradizione antica è stata riportata in vita. Davide è direttore artistico dell’associazione comitato per la Rua di Vicenza ed è in questa veste che lo incontriamo. Motivo principe è il recente film “La Rua. La magia di Vicenza” che è stato presentato a Venezia la scorsa estate ed ha poi avuto una sua vita tra sale cinematografiche, proiezioni per le scuole e passaggio in tv. Il film documentario nasce in quanto quest’anno si voleva evitare il possibile annullamento della manifestazione e quindi si pensava di dover avere in cantiere qualcosa di diverso all’occorrenza. Soprattutto perché la Rua, che ha tutte le caratteristiche per diventare patrimonio intangibile dell’umanità in una lista Unesco che già esiste, aveva bisogno di arrivare ad un vasto pubblico oltre a quello che ha avuto modo di partecipare alle recenti edizioni, o che non ha letto i libri di Walter e Antonio Stefani, elemento fondamentale per tenere viva la memoria.

La Rua è la seconda festa più antica del Veneto (la prima è lo sposalizio del mare di Venezia) e fa parte delle feste storiche regionali. Nel 2009, quando Davide Fiore era vicedirettore del Museo Diocesano, nacque l’idea del ritorno all’antica tradizione. Così ci racconta egli stesso: “Convocai al museo una serie di interlocutori a seguito della ricostruzione della macchina che era stata finanziata per i 100 anni delle AMCPS. A Vicenza mancava una grande festa identitaria, una che identifichi la città come accade per il Palio di Siena, o gli scacchi di Marostica. Inoltre la Rua è un patrimonio parte delle grandi feste con macchina a spalla (patrimonio Unesco) e quindi il progetto di riportarla a vivere lo pensavo come promozione della città, che non può solo essere Palladio e baccalà”.

Si è così prevista la rinascita del giro della Rua, ma aggiornato ai nostri tempi. Si è deciso di tramutare il giro in una parata del terzo settore, una sorta di “pride” del terzo settore. Il macro progetto nasceva sulla riscoperta dei due maggiori simboli storici della città antica: la Rua e il “gioiello di Vicenza”. La prima nuova edizione della Rua portò in piazza 10.000 spettatori nel 2010. Un record secondo solo alla visita di San Giovanni Paolo II nel 1991. Nel 2013 arrivò il turno de “il gioiello”. Era un progetto organico, gestito da due associazioni distinte. Due invenzioni pensate come bene culturale della città. Materiale ed immateriale e con un forte valore simbolico sul territorio. Dal 2010 al 2020 il giro della Rua si è tenuto con cadenza biennale. La Rua, come la macchina di Santa Rosa è qualcosa di antico ma che reincarna il contemporaneo.

E ora veniamo al film. All’inizio doveva essere un documentario. L’ipotesi era che una selezione di persone rappresentative di Vicenza e provincia, partecipasse in veste attoriale in una specie di vetrina dei talenti. “Volevo proporre un film dove le persone, più che recitare, avrebbero dovuto mostrare. Ad alcuni ho chiesto di scriversi la propria parte. Come una sorta di auto intervista. Ho poi chiamato Davide Pezzin per le musiche. Lui non è solo il bassista di Ligabue, è anche un raffinato compositore ed è stato davvero prezioso il suo contributo. Ho stimolato comunque tutti affinché portassero il loro contributo originale dentro alla mia sceneggiatura”.

Nel film si colgono diversi rimandi o ispirazioni. C’è il Fellini onirico in più di una scena, la stessa scelta di avere come protagonista un narratore (Stendhal, impersonato da Fiore stesso) è felliniana, così come la presenza del vento, materia e suono e sorta di coro greco invisibile. C’è poi il Pasolini più lirico e uno spunto preso da Kurosawa quando viene messa l’amministrazione comunale dentro all’architettura dei Proti. Altra citazione diretta è quella del “Commissario Pepe” di Ettore Scola, con la figura meravigliosa di Claudio Parigi interpretato da Livio Pacella.

“L’idea è quella di una continuità sognante. La sceneggiatura nasce come due cerchi concentrici che si muovono uno dietro l’altro. Uno parla della Rua e l’altro, quello esterno, è la passeggiata circolare di Stendhal dalle colline ai meandri della città. Volevo poi far risaltare l’acqua come elemento. Vicenza ha un rimpianto di un mare che non ha. In ogni caso l’occhio che guarda il film è di un letterato e quindi è un occhio allegorico. Mi è piaciuto poi cercare scorci modernisti ovvero la città del novecento. Palazzo delle poste che è molto divisivo per esempio a me piace molto”.

Oltre a Fiore, protagonisti del film sono la sempre bravissima Patrizia Laquidara, Igor Roma e Vitaliano Trevisan. Con Davide torneremo a parlare su queste pagine. E l’anno prossimo seguiremo in prima fila l’edizione della Rua, sperando di poterla vivere liberi dall’incubo di questi ultimi due anni nefasti.

VICENZA NEL CINEMA

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