
Ho avuto il piacere di assistere alla prima nazionale di “Fedra” al Teatro Olimpico.
Dopo aver visto uno spettacolo all’olimpico vorrei condividere con altri l’esperienza, ma la frequentazione del teatro non è così diffusa. Tanto meno lo è scegliere di vedere uno spettacolo classico all’Olimpico. Solitamente quando, con una certa soddisfazione, dici “sono stato a Teatro”, la reazione è di incredulità, ammirazione, ma soprattutto diffidenza, come avesse parlato un alieno! Sembra che la convinzione comune sia che per godersi un Classico all’Olimpico si debba essere laureati in lingue antiche. In realtà è un’esperienza alla portata di tutti, ci vuole un po’ di impegno, ma non sono necessari studi particolari per riceverne beneficio.
Certo non si può dire che andare a vedere gli spettacoli del Ciclo dei Classici sia “bello” nel senso comune del termine: significherebbe “divertente” e i Classici non sono divertenti, sono impegnativi, sono complessi.
Non si può neanche dire che i Classici siano “semplici” perché a volte sono tutt’altro che intellegibili: dipende dalla regia e dipende dal testo. Ricordo ancora con un certo disagio la ripetizione per tre volte della rappresentazione di un libro della Bibbia con gli attori che continuavano a modificare il modo di interpretare il testo, scivolando volutamente verso l’assurdo.
E purtroppo non si può neanche dire che andare a vedere un Classico sia rilassante: di solito sono tragedie vere, omicidi, suicidi, amori non corrisposti, incesti… una sit-com americana vista in televisione è sicuramente più rilassante, ma ti lascia poco o nulla.
Quello che si può dire è che nel teatro Classico si ritrova tutto il significato della catarsi aristotelica. Le rappresentazioni teatrali dei Classici nella loro raffinatissima semplicità rappresentano con estrema linearità i sentimenti, le emozioni e la psiche dei personaggi permettendo di immedesimarsi in modo vero, tangibile e catartico.
Come insegnava Aristotele, assistere ad uno spettacolo teatrale, a una tragedia, permette di sublimare i nostri sentimenti più repressi in un misto di amore, odio e pietà che purifica lo spirito.
Ma capisco chi si lascia intimorire dall’Olimpico. È difficile entrare in questo teatro senza sentire un sentimento di soggezione.
L’Astra è di certo più accogliente, lo Spazio Bixio ha quell’atmosfera off-Broadway meravigliosa, il Comunale è elegante e maestosa, ma l’Olimpico è un’altra cosa.
Quando entri all’Olimpico tutto il valore culturale e storico di Vicenza ti viene buttato addosso senza misura. Quando ti siedi all’Olimpico sei dentro al senso della Cultura, al valore dell’Arte nella Storia. Direi che è anche normale sentirsi inadeguati.
Ma quel senso di inadeguatezza può limitare la possibilità di guardarsi dentro, di crescere, di conoscere, di migliorare?
Quando si resta a casa a guardare l’ennesima replica di un film, potendo invece di andare all’Olimpico, si perde la possibilità di migliorare.
Bellissimi i film di Bergman, Kitano, Tarantino, Allen e Ozpetek, ma il Teatro è un’altra cosa. Andare a Teatro è come andare ad un concerto, guardare un Film è come ascoltare un vinile: le note ci sono tutte, ma le emozioni no.
Non sarà certo il primo spettacolo a dare piacere, forse neanche il secondo e magari al terzo ci si annoierà, ma al quarto tutto comincia prendere un significato diverso. Si comincia ad ascoltare gli attori, ad apprezzarne l’interpretazione, a godere delle imperfezioni, a sentire il momento, a stupirsi di quanto sembri vero quel che si vede.
Alcune passate stagioni, dove i sottotitoli abbondavano e gli argomenti potevano anche essere “offensivi” per lo spettatore, non hanno favorito che l’Olimpico si avvicinasse ad un gusto più diffuso della rappresentazione. Ma quei tempi sembrano, almeno per il momento, passati.
Andate a Teatro, andate all’Olimpico, andate a vedere i Classici… la vostra anima vi ringrazierà, anche se non avete una laurea in lettere antiche.
