VICENZA E I SUOI FIUMI UNO SPUNTO DAL QUALE RIPARTIRE

Quest’estate, durante un viaggio in Belgio e precisamente a Bruges, ho fatto un giro su un piccolo battello turistico dove il capitano, in una ventina di minuti, illustrava la storia della più bella tra le città delle Fiandre. Da anni cercavo un esempio, un punto di partenza per capire come fare e finalmente lo avevo lì. In pochi minuti quello che è sempre stato un sogno nel cassetto era diventato così ovvio: Vicenza città di fiumi? Vicenza come Bruges. Andiamo però con ordine.

Lo sappiamo da quando, poco più che bambini, abbiamo studiato la nascita delle grandi civiltà: la vita e lo sviluppo dell’uomo sulla terra e quindi il progressivo proliferare di società complesse è legato alla presenza di corsi d’acqua. Gli antichi egizi, i Babilonesi, l’Impero cinese, la Civiltà dell’Indo, tutte si svilupparono in prossimità di grandi fiumi che assicuravano l’approvvigionamento continuo di risorse idriche. Anche l’Italia non si discosta da questo paradigma ed infatti, Roma, la città per eccellenza, è attraversata longitudinalmente dal Tevere che, grazie alla costanza delle sue portate, assicura importanti volumi d’acqua per tutto l’arco dell’anno. È però certamente in Veneto che il legame con l’acqua assume la sua massima portata logica, tanto da indurre i suoi coraggiosi abitanti a costruire la propria “capitale”, Venezia, direttamente sull’acqua. Anche le altre città del Veneto non sono però certamente da meno. Belluno e Verona sono attraversate da due grandi fiumi alpini, Padova e Rovigo si trovano al centro di una complessa rete di canali, mentre Treviso e Vicenza possono vantare la confluenza di diversi fiumi che le rendono città uniche. Vicenza può infatti godere della presenza di Bacchiglione, Retrone e Astichello, corsi d’acqua che nell’arco dell’anno non scendono mai al di sotto della portata di mille litri al secondo (poche città in Europa possono vantare tali caratteristiche idrografiche).

Per farvi capire l’importanza di tale approvvigionamento idrico basti pensare che nell’esatto istante in cui sto scrivendo il fiume Arno a Firenze ha una portata di appena 5000 litri al secondo, mentre il Bacchiglione a Ponte degli Angeli poco meno di 8000 litri ed il Retrone a Ponte Furo 3000. La differenza sta però nella larghezza dei letti: tra sponda e sponda il Bacchiglione a Ponte degli Angeli è largo circa 30 metri, il Retrone a Ponte Furo 15, mentre l’Arno a Firenze quasi 100. Questa differenza di ampiezza è certamente generata dai diversi regimi di portata durante l’anno, ma è sicuramente resa possibile, in condizioni di flusso medio, grazie a dei semplici sbarramenti – Pescaia di San Niccolò e Pescaia di Santa Rosa – in assenza dei quali, sotto il Ponte Vecchio di Firenze non passerebbe il grande fiume che possiamo vedere quando andiamo a visitare la città del giglio, ma un modesto corso d’acqua, poco più grande del nostro Retrone. Oltre all’effetto scenico, però, un letto ampio e delle acque placide consentono la navigazione. Oggi i fiumi di Vicenza sono infatti fruibili solo con dei Kayak ed in alcune ristrette aree, ma non sono certo navigabili da imbarcazioni a motore a causa di diversi passaggi angusti, rapide, bassi fondali, alghe e decennale incuria dei fondali. Ad onor del vero, tutta l’Italia non eccelle nella navigazione fluviale urbana anche se in alcune zone, come la Riviera del Brenta, o città, Torino e Mantova, è comunque possibile provare l’ebrezza di qualcosa di diverso. Anche in questi casi è proprio grazie ad un sistema di dighe e chiuse che è stata resa possibile la loro navigabilità. In questo senso però, sono certamente le esperienze europee a farla da padrone e senza scomodare Amsterdam, che ha una genesi urbana molto complessa, città come Birminghman, Gent, Oxford, Parigi, Strasburgo e la nostra Bruges, fondano la propria natura fluviale su un complesso sistema di dighe, in assenza delle quali il loro aspetto sarebbe molto diverso da quello che possiamo osservare. E non solo città, anche monumenti come i celeberrimi Pont du Gard sul Gardon in Provenza, il castello di Chanoncheaux sull’Indre nella valle della Loria e più vicino a noi il Ponte della Maddalena sul Serchio, tra Lucchesia e Garfagnana, devono il loro incredibile colpo d’occhio a delle semplici chiuse. La chiusa consente infatti di diminuire la velocità del flusso rendendo il fiume più docile, sfruttabile, ma soprattutto ampio e profondo. Per portare un esempio che ogni Vicentino conosce dobbiamo andare a Parco Querini e notare il laghetto che circonda il tempietto monoptero del Piovene. Ebbene, quello non è un vero e proprio lago, ma un ramo dell’Astichello limitato da una piccola chiusa, posta vicino all’ingresso monumentale, che consente la stagnazione dell’acqua regalando a tutti i visitatori un colpo d’occhio di eccezionale bellezza.

Compreso dunque il funzionamento del sistema di chiuse in un fiume con portate costanti, chiudete gli occhi e immaginate ora il Retrone con la sua acqua limpida che quasi lambisce le finestre dei piani bassi delle abitazioni che vi si affacciano. Continuate poi oltre Ponte San Paolo e sognate una ventina di barche a remi qua e la nel fiume che, estremamente allargato, ripulito e dragato, sembra dare alla città una seconda giovinezza. Riaprite ora gli occhi e guardate i fiumi di Vicenza oggi, infossati di diversi metri sotto i vostri piedi, lasciati a sé stessi, mal odoranti e senza alcuna funzione per la città: nemmeno di mero piacere visivo. Quello che propongo di ripensare, non è quindi la solita inflazionatissima politica di valorizzazione degli argini, ma rivoluzionare il fiume in sé, ovvero la quantità e qualità di acqua che scorre nel suo letto. Certo, un progetto importante e ambizioso, ma che potrebbe portare a delle decise ripercussioni, non solo dal punto di vista estetico, ma anche e soprattutto economico.

Torniamo ora a quel mio bel viaggio a Bruges, sceso dalla barca, a seguito di mia richiesta, il “capitano” mi disse con una punta d’orgoglio che lungo i canali di Bruges navigano circa 50 battelli, per un’industria turistica di quasi 300 addetti. Ripensare i fiumi dunque significa offrire scorci e vedute inedite e renderli navigabili comporta lo sviluppo di enormi opportunità che sarebbe davvero senza senso non provare a cogliere. Sempre il “capitano” infine, come se avesse intuito a cosa stavo pensando, mi disse che a Bruges, tanto è stato fatto quando nel 2002 fu nominata città europea della cultura. Quale occasione migliore dunque per Vicenza, candidata Capitale Italiana della Cultura 2024, di inserire nel proprio programma la visione coraggiosa di una città diversa, di acqua e fiumi, un sogno ad occhi aperti che vale la pena credere possa diventare realtà.

  • Francesco Poli è presidente dell’associazione culturale “Liberi Pensatori”


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