Museo della cultura contadina di Grancona

Da dove inizia la decadenza culturale che pare inarrestabile? Esistevano dei punti di riferimento fissi tempo fa, che erano anche culturali e sociali. La civilà contadina ad esempio, pur non propugnando un sapere intellettuale, aveva codici valoriali che insegnavano una cultura altissima e una capacità di comprendere la vita direttamente legata alla natura stessa e alla comunità come scambio. Tutto questo non esiste più, così come non esiste più un sistema di comunicazione che aiuti a ritrovarsi nella giungla della conoscenza. Tutto è confuso, smemorato e arrogante. Il mondo di prima si reggeva su un sistema barcollante ma autorevole. Esisteva memoria, scuola, storia. Oggi i social, il populismo, il politicamente corretto, hanno provocato la crisi apparentemente definitiva del progresso inteso come miglioramento dell’uomo, come propensione ad un nuovo umanesimo.

Cultura contadina signfica(va) seguire il corso delle stagioni, rispettare l’ambiente, segnare il quotidiano con rituali religiosi figli di tradizioni antichissime, avere la famiglia al centro del sistema, l’umiltà e la signorilità ben più in alto nella scala dei valori del denaro e dell’apparenza.

Un mondo onesto, poggiato sul necessario, privo di orpelli inutili, scevro da surplus moderni che poi sono sempre i primi a diventare presto sorpassati.

La cultura contadina è stata la nostra cultura, anche di chi contadino non lo è mai stato, un po’ come la cultura cattolica lo è anche di chi non crede.

E quel mondo pare non esistere più, e pian piano ogni valore sta diventando relativo.

Siamo a Grancona e davanti a noi ci sono tre generazioni di contadini (poi in realtà fanno anche gli assicuratori ma oggi si parla di campagna, niente polizze!)

Il nonno Carlo Etenli è una forza della natura, classe 1929 qui di Grancona, ora Val Liona ma per loro sempre e solo Grancona. E con lui il nipote Edoardo Bonato che con la stessa passione ereditata dal vecchio è custode di quello che oggi come oggi è il più grande museo della civiltà contadina presente in Veneto.

“Il posto esiste dal 1985 ed è nato praticamente per sbaglio perché il primo locale era una semplice stalla ma alla morte del bisnonno la nonna ha insistito per liberare tutto ed il nonno, stufo di sentirla, ha buttato dentro la “mesa”, contenitore dove bruciavano il maiale, e gli è venuto in mente di quando viveva in contrada con 100 persone e avevano una sola “mesa” e una notte son partiti per prendere un carretto con cui costruire poi una “mesa” ma mancava l’asino per portare il carretto, mancava el musso insomma. E quindi spingendo a mano sono arrivati a Lonigo dove il falegname ha fatto la “mesa” nuova”.

Questi ricordi, che a noi paiono memorie di povertà e fatica e poco altro, nel nonno Carlo fecero invece affiorare la nostalgia per quei giorni in cui tutto era tanto più semplice e spontaneo. Ecco che una scintilla gli si accese in testa, l’idea di recuperare se non quel mondo ormai andato, almeno gli attrezzi di quel mondo, ed inizia così a cercare pezzi ovunque: nasce il museo.

Nel 2000 viene istituita una fondazione che cerca riconoscimento ora come onlus.

Carlo Etenli è un personaggio speciale.

Contadino a casa, lattaio durante la guerra, nel 1947 emigra in Francia e per 12 anni lavora nei campi per poi in inverno tornare in terra natìa a fare il boscaiolo. Nel 1959 rincasa definitivamente per fare il contadino e affitta un po’ di campi. Poi fa anche il muratore sotto i fratelli e infine per una serie di coincidenze si trova a fare l’assicuratore e diventa pure agente.

Ah, dimenticavo. In mezzo a tutto a questo è stato anche Sindaco per 15 anni.

Una vita, un romanzo.

La sua passione è di tutta la famiglia tanto che adesso, come detto precedentemente, manda avanti la fondazione il nipote Edoardo.

Al museo vengono soprattutto le famiglie, preferibilmente la Domenica, poi centri anziani, i Lyons, gite organizzate, ecc… E durante la settimana, ovviamente, le scuole. Spesso accade che un visitatore torni dopo mesi con un oggetto antico trovato per donarlo al museo.

Il senso del tutto è che rimanga qualcosa. C’è tanto bisogno di questi valori ancora per conoscere il passato e vivere il presente e progettare il futuro.

“Le cose che si dimenticano un giorno potrebbero tornare utili” dice il vecchio Carlo.

Offerta libera per entrare, fateci un salto, i nostri veci se lo meritano, tutti..

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